Ice Scuba Diving

Non credo servano altre parole perché NON SAREBBERO COMUNQUE ALL’ALTEZZA, quindi copio lo scritto dell’Amico Samuele Marzolo che rende l’idea di ogni attimo vissuto. Abbiamo intenzioni più ambiziose per il prossimo anno, sviluppi interessanti sbocciano.

LAOU, una leggenda vera
“Unë istouarë î di quë ël lòc da Laou à së sarìa fourmà perquè eun ommë al avìa pa rëspetà ël zhourn dë la fètë e sì ben d’anò a la glaisë, al avìa tsidà d’anò travaglò sa tèrë. Par sèttë rason sa bounnë tèrë î së sarìa trasfourmò an lòc. La së dì quë an argardent ël fons da s’la Roccë da Loc lasë po’ ancor ve sounë araerë.”
E’ incredibile la val Chisone. Da sempre luogo di scaramucce, da sempre conteso tra piemontesi e cugini d’oltralpe. Battaglie che videro nascere la fortezza più grande d’Europa, ancora oggi sembra essere la a proteggere l’ingresso alla pianura, sbarramento alla valle che fu porta per nemici, Fenestrelle, il Forte.
E’ un poco più su che andiamo noi, dove nascosto da monti e boschi nasce un piccolo gioiello smeraldo, i cartelli ad indicarci la strada hanno spesso accento transalpino, memorie di tempi che furono, Usseaux, siamo arrivati. Il Laux.
Sembra di essere immersi in tempi remoti, isolati. Il sole fa timido capolino dalle vette che ci circondano, si alzerà solo poco sopra i picchi, solo per breve tempo, l’ombre dei giganti in inverno vincono la luce, non basterà a intiepidirci il corpo. Quello che non fa la nostra stella luminosa fa però lo sguardo, scalda l’anima, sembra quasi faccia meno freddo ora, nonostante i piedi sul manto ghiacciato, forse l’occhio attento dell’Olivero avrebbe saputo spennellare su tela tale emozione.
Marco fatica a aprire un varco sull’acqua solida, è spesso il ghiaccio, sui bordi sembrava più fragile e invece i mattoni traslucidi che ne escono sono imponenti, le sue mani immerse nell’acqua a sollevarli cominciano a risentire del contatto con quel grande mojto che tra poco ci vedrà a mo’ di foglioline di mentha nemorosa, sospesi tra solido e liquido, come imprigionati. Che freddo sapore e che profumo.
L’acqua è solo leggermente velata, quasi tiepida in confronto al di fuori, sensazione temporanea, effimera.
Sul fondo l’impalpabile limo non è che a pochi metri da noi che sfioriamo al di sotto la superficie traslucida di un color zaffiro pannoso. Un movimento inconsulto e saremmo persi, ciechi. Il ghiaccio è inciso da fratture e fessure, la battaglia continua tra il giorno e la notte, tra il liquido e il solido, il mollare o tenere, sembrano ferite create da un aratro che si ostina a solcare il bianco campo nella speranza di donare vita a qualcosa.
Giorgio mi fa segno di staccarci dalla cima, guida sicura verso il foro di uscita, è tempo di guardarsi intorno, io proverò a dipingere sulla moderna tela tecnologica che stringo tra le mani ciò che il lago ci vorrà svelare, lui si occuperà di fare sicurezza svolgendo il reel che ci indicherà la strada del ritorno.
Ed eccolo lì, l’aratro feritore, trascinato dal servente mulo che solleva solo un poco il terreno, e il suo padrone imbronciato a guidarlo, son qui a dannarsi l’anima da quella domenica che mancò messa. O son forse solo un pino caduto, uno storione e una trota?
Ho visto la leggenda del Laux con i miei occhi, e forse e’ solo ciò che volevo vedere.
Leggenda.
Vi era a Usseaux un contadino dedito ai campi, Fonsin (Alfonso) lo chiamavano, una domenica era intento, come tutti i giorni, ad arare il suo campo guidando l’aratro trainato dal fedele mulo. Quanto avrebbe voluto quel povero mulo essere una pecora, o una mucca, eh sì, Fonsin non era proprio “morbido” con lui. Il Tonio e il Tromlin (Bartolomeo) passavano di là richiamati dalla campana che indicava la messa e vedendo il contadino intento a lavorare gli diedero una voce invitandolo a unirsi a loro. La risposta non fu delle più belle, bestemmie volarono pesanti dalla bocca del Fonsin, lui doveva lavorare e non aveva tempo per quelle cose inutili.
I due “amici” lo guardarono increduli e proseguirono verso la chiesa.
Quando la messa finì, sulla strada del ritorno, il Tonio e il Tromlin stavano pensando a cosa dire al Fonsin ma non lo trovarono più, al posto del suo campo vi era ora un piccolo lago, nessuna traccia nemmeno del mulo.
Si racconta che salendo le coste dei monti che circondano il lago, nei giorni di luce buona, di domenica, si possa vedere l’aratro del vecchio Fonsin sul fondo del lago.

*Giorgia in relax nella Jacuzzi ha fatto storia. Un the caldo dopo il tuffo ci vuole
Riferimenti:
Nomi storie e leggende delle valli Chisone e Germanasca
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